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Giacomo Bellitto
10 mag 2018
  ·  Modificato il: 10 mag 2018

da "Ad Astra"

Chemical Brothers – One Too Many Mornings

SMART TIME


Qui il tempo è sempre terribile

e la stupidità ha coltelli affilati

da scaldarmi sulla faccia il colore

che mi ricorda

sui vestiti e tra le lenzuola

che la speranza è poca

ed è meglio pensare ad altre soluzioni.


Tu mi hai fatto solo righe e tagli dall’inguine al cuore

e sospetto

che il cielo non abbia più limiti sopra tutta questa cosa:


ti prego, sollevalo e fammi volare.

Ti prego, sollevalo e fammi volare.

Ti prego, apri questa gabbia e lascia questo divertimento

all’aria senza il panico

che i tuoi siano solo

compiacimento e vendetta interminata e sadica.


Ti prego, insegnami le tecniche

per aggirare il tempo

e gli spigoli dei mobili ingombranti in casa


e canterò ancora

anche quando non mi punirai più

e verrò sempre a cercarti

senza allontanarmi troppo

dai tuoi occhi quando vorranno spaventarmi.


Oppure


ti prego, portami al di là di tutto con una mano

perché non sopporto più questa banalità


senza le parole

che aspetto di veder passare

in discesa fuori dalla finestra:


non voglio più sporgermi,

non voglio più vertigini.


Ma poi improvvisamente

come un colpo d’aria a lacci sciolti

ho

la paura di perderti

e il pensiero chiaro

che non ti si può perdere,

perché la vicinanza è più importante

e solo te si può avere una

una volta sola sulla terra.


È impossibile non averti nella mente,

ma nella mente non sei mai stata

boccale felice, ossigeno e senso buono,

piuttosto unica alternativa all’impazzire in confusione.


Anni a odiarti

per un difetto

per cui occorrerebbero generazioni di figli

per confezionare il perdono e la comprensione

sufficienti a fare il fiocco al permesso di lasciarti andare,


generazioni

in cui non posso produrmi

perché altrimenti potrei perdonare

e sarebbe troppo vero lasciarti.


Gli anni hanno coltivato l’abitudine a odiare,

abitudine che ormai sola ti ricorda e ti conserva:

in altro modo non sei ed è impossibile trovarti diversa.


E allora che fare,

se la vicinanza è più importante

e non ti si può perdere?

Come potrei trovarti se non con le mani dell’assassino?

Dove, se non prossima alle fasi attorno al nero?


Se la vicinanza è più importante,

è quindi meglio non perderti

e conservarti in qualsiasi forma.

Ma l’unica forma rimasta

è quella in cui ti si deve odiare.


E allora è meglio odiarti

che non averti.

E, siccome ti odio

per il difetto che mi ammala,

è quindi ancora meglio

conservare anche il difetto

perché così difettoso possa odiarti

e tenerti ancora.


Se non esisti

non si può neanche più pensare,

ma se ti si può odiare allora esisti,


quindi ti si può solo odiare

perché di te

ho la paura di rimanere senza,


e per odiarti si può solo soffrire

e mantenere intatto il difetto:


fin quando mi terrò

la tua lama nello stomaco

all’altro capo delle viscere


troverò la tua mano ad attaccarmi

e saprò che sei

là dove il mio odio saprà trovarti

per sempre e senza dubbi,

legati con una corda all’intestino

perché io di stare solo

ho più paura che di essere rovinato.


Non riesco a lasciare questo labirinto

e non ho più voglia

di camminare in questa giornata

di pioggia e nebbia:

vorrei scappare,

ma non posso lasciare te,

e quindi mi perderò

ancora solo nell’umidità,


anche perché

siamo gli unici che si possono salvare.


E io dovrei guarirti

per sognare di te qualcosa

che non sia un incubo,

per avere di te ricordi

come fossero di latte buono,

perché tu possa stare bene,

io non avere più difetti

e quindi smettere di odiarti.


Ma non posso guarirti


e così,

per sempre sposati al mio difetto,

l’unica soluzione

rimane odiarti.



giacomobel@hotmail.it





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