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Ogni sera parlo con il diavolo, quando stacca dal lavoro.
È stanco e sfatto, non ha un giorno di tregua.
Con me si rilassa, non deve recitare la parte.
Rotea gli occhi, si schiarisce la voce, ritira gli artigli
e si liscia le corna.
A notte inoltrata, a volte, trovo mi assomigli.
Gli chiedo di stare un po’ al mio posto, gli porgo la chiave
ma lui si rifiuta.
È furbo e scaltro.
Sa che rimestare il dolore e servirlo per cena è meno faticoso
che farsi sfondare il cuore
dall’amore che sarà.
Col male ci campa a tempo indeterminato.
Aspetta che una lacrima scenda, mi accarezza soddisfatto
e in un soffio mi lascia chiusa in paradiso.
Ma prima o poi io scappo…