ix. Dei pensieri di Maria mentre osserva il bambino Gesù
È qui tutta la gioia,
esattamente
qui.
Ti osservo mentre giochi con la trottola,
gli uccellini di legno, il tuo fischietto rosso.
Ti afferri alle mie mani e ti alzi,
ancora incerto sui piedi
e scopri intorno a te le cose belle del mondo:
gli utensili di rame, lo sbadiglio del gatto,
l’ordito nel telaio.
Fuori piove.
Nell’aria sale una fragranza di terra e di rose.
Ci sono sere come questa quando resto in silenzio,
colma fino alle ossa della tua piccola vita.
Allora mi prende un mescolarsi di pensieri,
un vuoto dolce.
E tremo. Chiudo i miei occhi e prego:
“Donaci un’altra notte di quiete
senza sogni funesti nel sangue.
Una cerimonia di speranza
che fermi sulla terra
il tempo della tua benedizione.
E non più questo rincorrere il vento,
questo fuggire i mesi e le stagioni
nella smania di vederlo grande,
poi già vecchio e felice.
Non più questo volerlo strappare
alle stanze invisibili di un futuro
che sciama come lava nel buio
pur sapendo che non esiste luogo
dove io possa salvarlo,
nessuna tana dove io possa nasconderlo.
Il pettirosso si specchia nella pioggia
le madri baciano le pance tonde dei bimbi.
Il mondo intero ci insegna
che gioire è l’azione primaria del sangue.
Donaci, dunque, un altro giorno di quiete,
frammenti di una gioia elementare
con il pane nella madia, la coperta di lana,
le sue piccole mani da stringere.”