Resta incerta la questione del nibbio
quando immobile nell’aria governa
le brezze che scorrono tra le piume
con ali distese che non mostrano né spasmo né dolore
e si fa simbolo: croce imperfetta e anello dell’immanente morte.
Si dice che il rapace fermo in cielo
assuma posa come di spirito santo nelle icone pentecostali
sulla fronte del Cristo del Verrocchio mentre il Battista innesca il suo destino.
Il dilemma è proprio in questo offrirsi
paradosso del predatore in veste
di bianca e santissima colomba o, all’inverso, nell’atteggiarsi
ardito, inebriato e forse commosso
della palomba (condannata a un volo battuto ed insistente,
miracolata per divina scelta e per un simbolismo di maniera)
nella suprema posa del falcone.
Ma spesso i ruoli cambiano con le occasioni e
tra vittima e predatore si stringono alleanze insospettabili:
un vicendevole amore dilata l’ostia esigua del dare per avere:
io le ho viste bene, arvicole e lepri,
squittire e porgersi in luce incidente,
chiamare l’angolo giusto alla vista
del rapace, scegliersi il carnefice,
farsi dono esiziale,
nell’attimo estremo amarne l’artiglio
e, non trascurabile fattore per le creature di terra,
desiderarne il volo.
in Custodi ed invasori, Mimesis-Hebenon, 2005 e in La parola postuma. Antologia e inediti, puntoacapo, 2011.