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“Arte infelice e bellissima” quella a cui è chiamato il poeta: erede di una lunghissima tradizione che mette in mostra – in un modo spesso scherzoso o fintamente serioso di cui sono spie le scelte ritmiche, tonali e lessicali – il lato oscuro dell’amore, della passione e della carnalità, l’Io poetico di Gian Luca Guillaume sembra parlare dall’alto di una saggezza distaccata e duramente conquistata, mettendo in mostra con misurata e divertita arguzia le contraddizioni del rapporto fra uomini e donne. Su tutto, come in Giovenale, nell’Antologia palatina, in Iginio Ugo Tarchetti o nel contemporaneo Mario Marchisio (anche lui torinese), domina la morte, il convitato di pietra che unisce, annichilendoli, sensualità e ragione. Una prova riuscitissima, quella del giovane poeta, che esibisce un miracoloso e coltissimo equilibrio tonale e tematico. (Mauro Ferrari)

 

 

L'Autore:

 

Nato a Torino il 9 ottobre 1984. Autodidatta per natura e bibliofilo per passione, ha cominciato a cimentarsi nella scrittura in versi intorno ai ventun anni, pubblicando poesie in varie antologie, quotidiani, blog e riviste letterarie (La Repubblica, L’Altrove - Appunti di poesia, Riscontri, L’Osservatorio Letterario di Ferrara, Euterpe, Poesia Ultracontemporanea). Collabora al blog L’alcova letteraria in veste di recensore e di editor di poesia. Ha due pubblicazioni all’attivo: L’oscurità tra le foglie (Nulla Die, 2017) e Le burle del pastore (ivi, 2021).

Lascivi intendimenti. - G. L. Guillaume

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